Vi racconto il Residence, la mia casa del cuore
“Che cos’è la felicità?
Una casa con dentro le persone che ami.”
– Amy Bratley –
Il Residence Chianelli è per me una grande casa, una di quelle accoglienti, calde, dolci… dove sentirsi sempre in famiglia e sempre accolto a braccia aperte. Una casa del cuore, ecco! Sì, perché tutte le persone che lì incontri, dai volontari, agli educatori, arteterapisti, musicoterapisti, psicologi, ai clown, tutti fanno davvero qualsiasi cosa per ogni bambino e per ogni persona che si trova a dover lottare contro una malattia.
Loro sono compagni fedeli, sempre presenti, che non ti lasciano solo e non si arrendono mai, nel tentativo continuo e irrinunciabile di strappare un sorriso, regalare amore e supporto, donare e donarsi agli altri.
Il Residence Chianelli è stato la mia seconda casa per un po’, qualche anno fa, e vivendo lì ho capito che è come una grandissima famiglia: ognuno si impegna e si interessa per il bene dell’altro, per far sì che i pazienti e le loro famiglie possano stare il meglio possibile, sereni e coccolati, con l’obiettivo (vi assicuro, spesso riuscito!) di allontanare per qualche minuto il pensiero della malattia. E le persone in grado di regalare questi attimi sono davvero speciali!
Che potere hanno? Non lo saprei spiegare… è una di quelle cose che si può solo sentire e ammirare, magari ripensando a tutte quelle attività, agli eventi, alle sorprese a cui sono stata presente, durante e dopo la malattia.
Sicuramente, grazie a Lorenzo si può scoprire la bellezza della musica, l’enorme potere della musico-terapia, la forza del legame che si crea suonando tutti insieme nella scuola del reparto: tanti strumenti che si incontrano e una sola melodia, che irrompe nel corridoio e regala sorrisi e spensieratezza a tutti.
E poi, quelle canzoni cantate tutti insieme, seguendo la chitarra di Lorenzo: nella mia mente è impressa quella volta che toccò a “Il Pescatore”… De André sarebbe stato fiero di noi!
E tutte le attività con Sara, la fantastica arte-terapista dalle idee sempre originali; conservo ancora tutti i disegni, i collage, gli scarabocchi da cui venivano fuori incredibili figure astratte. Ogni volta lei faceva venir fuori, spontaneamente, quella creatività che non sapevo di possedere, e nella calma di una dolce melodia mi dava la possibilità di dipingere e pensare, colorare e sognare, tagliare, incollare e girovagare con la fantasia, alla scoperta di me stessa.
Ricordo i sorrisi allegri di Valeria che, approfittando di quell’attimo in cui la porta della mia stanza era aperta, mi salutava mentre correva da una parte all’altra del reparto, e mi contagiava con la sua “spruzzante” attività.
Insieme alle maestre, Melania e Raffella, le mattine nella scuola del reparto volavano veloci e piene di risate, ogni giorno intenti in qualche attività, tutti insieme, come una squadra invincibile: operazioni di matematica, racconti scritti, letture di storie ad alta voce, poi era la volta del disegno oppure di un po’ di bricolage, dei lavoretti di Natale o di Pasqua… Nell’aria c’era sempre qualcosa di nuovo!
Un periodo le maestre avevano organizzato un laboratorio di autobiografia, soprattutto per i ragazzi un po’ più grandi: adoravo la scuola in quei momenti, nella calma quasi irreale e silenziosa del primo pomeriggio; c’era un’atmosfera tranquilla, ma allo stesso tempo rumorosissima, a causa di tutti quei pensieri e quelle riflessioni che ognuno riportava per iscritto su un foglio, condividendo poi insieme agli altri ciò che provava. In qualche modo questo mi permetteva di pensare e di sentirmi più vicina alle persone che mi erano lontane, ma, allo stesso tempo, ho potuto conoscere meglio quelle splendide persone che affrontavano con me quel periodo: ragazzi speciali, provenienti da varie parti dell’Umbria ma anche da luoghi più lontani, come l’Albania e il Venezuela. Ognuno di loro aveva un mondo dentro di sé, ed io, in quel momento, potevo essere spettatrice della loro forza e del loro coraggio: è una ricchezza incredibile.
Adoro ricordare di quella mattina in cui, nella cucina del reparto, con gli altri ragazzi e insieme a Letizia, abbiamo preparato dei biscotti: colorati e soffici, erano piaciuti a tutti, compresi mamme, infermieri e medici!
Letizia è la nostra psicologa, dallo sguardo dolce e dal sorriso coinvolgente, le chiacchierate con lei erano qualcosa di semplice ma straordinario, quasi essenziale! Puntuale, ogni mattina passava a salutare e quei semplici minuti con lei ti regalavano la giusta tranquillità e serenità per poter iniziare bene la giornata; con lei si poteva parlare di qualsiasi cosa, riusciva a capirmi, fin da subito, e a farmi dare un ordine a ciò che stava succedendo.
Grazie a tutte queste persone e a tantissime altre, come i medici, il dottor Caniglia, tutti gli infermieri e i volontari del Comitato Daniele Chianelli, il ricordo di quel periodo non è riuscito mai ad essere troppo triste… Con il tempo che passa i ricordi che mi tornano in mente sono sereni, speciali, come se le difficoltà nell’affrontare la malattia siano state dimezzate, o comunque ricompensate, da tutto ciò che in quei mesi ognuno di loro mi ha donato.
Quando tra un ciclo di terapia e l’altro potevo uscire dal reparto, io e mamma eravamo accolte in uno degli splendidi appartamenti del Residence Chianelli. La cosa più bella era attendere l’arrivo di papà e delle mie sorelle da Terni, nel pomeriggio: stavamo di nuovo tutti insieme, anche se solo per qualche ora, garantendoci un po’ di “normalità”.
Grazie al Residence eravamo tranquilli di poter stare non lontano dall’ospedale e di raggiungerlo in breve tempo per andare a fare i controlli, quasi tutte le mattine, ma allo stesso tempo ha rappresentato per noi un punto di riferimento, qualcosa che ci teneva tutti uniti, la nostra casa.
In primavera passeggiare nel “Parco del Sorriso di Serenella” era una delle cose che preferivo di più e indimenticabile è quel pomeriggio in cui nella piccola sala di musica, insieme a Lorenzo e Onix, ho suonato il basso per la prima volta: se ci ripenso non lo credo possibile, anche perché ormai mi sono completamente dimenticata anche solo come si tiene in mano!
Tutti questi ricordi, a cui ripenso con tanto affetto, non sarebbero mai stati possibili senza l’impegno di tutti i volontari del Comitato D. Chianelli, tutti i medici, gli infermieri, le operatrici sanitarie… tutti compagni sorridenti, attenti e premurosi, insostituibili, di quel periodo un po’ particolare.
Infine, grazie a Franco, alla forza della sua dolcezza, all’originalità e alla bellezza di tutte le sue infinite idee, al suo caldo e rassicurante abbraccio; e grazie a Luciana, al suo sorriso dolce, che comprende e consola in un attimo, con una semplice parola.
Grazie a tutti voi, per il vostro immenso amore che ci avete regalato, per il vostro impegno irrefrenabile ed entusiasmante, e tanti auguri per questi 30 anni del Comitato Per la Vita Daniele Chianelli!