Lorenzo Coppola
Non mi ncordo il giorno esatto in cui tutte le persone intorno a me hanno cominciato a notare un certo pallore sul mio viso. La verità è che mi sentivo molto debole, però non sapevo il perché. Per questo, un giorno ho deciso di andare dal medico per fare dei controlli. Dopo una serie di visite e analisi, arriva la diagnosi: soffro di una malattia che si chiama sindrome mielo displastica (leucemia acuta). In quell’esatto momento il mondo mi crollò addosso. Non sapevo come affrontare la situazione. Come l’avrei detto a mia madre? Pensai che in qualsiasi momento le cose potevano complicarsi e che io sarei potuto morire. Pensai che tutto sarebbe stato inutile. Passai giorni e giorni di grande paura e incertezza, per poi sentirmi dire che in Venezuela non c’era niente da fare per me, perché io avevo bisogno di un trapianto osseo e le mie sorelle non erano compatibili al 100% ma solo al 30%. In Venezuela questo tipo di trapianti di bassa compatibilità non viene praticato. Non mi davano nessuna speranza, però grazie a Dio, alla mia famiglia e ai miei amici continuai ad andare avanti. Un giorno andai all’ospedale di Caracas, uno dei principali centri di trapianto di midollo osseo in Venezuela. Sfortunatamente anche lì i medici mi confermarono che non c’era niente da fare. Un medico mi prese da parte e mi chiese se il mio cognome è italiano e se sono figlio di un italiano, lo gli risposi di sì e allora mi parlò di una fondazione a Maracaibo, la “Fundaciòn para Transplate de Mèdula Osea” che aiuta i figli di cittadini italiani emigrati in Venezuela a poter affrontare questo tipo di trapianti. In queste parole ho pensato che Dio mi offriva una seconda opportunità nel momento più difficile della mia vita. Il 5 dicembre arrivai in Italia per preparare le carte necessarie per fare il trapianto e il 22 venni per la prima volta a Perugia accompagnato da mia zia e le mie sorelle. Arrivammo al Residence “Daniele Chianelli”, un luogo nel quale, senza immaginar-melo, avrei vissuto alcune delle esperienze più forti e più belle della mia vita. Qui ho stretto amicizia con molte persone speciali. Qui ho conosciuto Valentina che, con il suo sorriso e la sua vitalità, ci ha insegnato che la vita si vive alla giornata e che tutto è un gioco se noi lo vogliamo. Ho conosciuto Gianni, l’uomo tuttofare, che anche nei momenti per noi più noiosi cercava di tenerci occupati tirandoci a forza fuori dalle nostre stanze. Ho conosciuto Maria Kastania, una ragazza sempre a nostra disposizione e sempre pronta a fare per noi quello che non potevamo fare da soli. Tra varie febbri e infezioni arriva il giorno del mio ricovero per il trapianto, il 3 marzo. Dopo un giorno di radioterapia e sei di chemioterapia, ho fatto la infusione delle cellule. Non avrei mai immaginato che questo trapianto di cui sentivo parlare da mesi è una questione di cinque minuti! Dopo il trapianto ho vissuto momenti difficili, però non è su questo che mi vorrei soffermare. Quello che voglio dire è che non ho mai perso le speranze e che ho sempre pensato che Dio mi stava accanto e avrei seguito la sua volontà, qualunque essa fosse stata. La ragione principale per la quale scrivo queste righe è per dare una bella testimonianza di qualcosa che per molti è una grande tragedia. La nostra vita è un continuo apprendere cose nuove ed io grazie a questa esperienza ho appreso tanto. Adesso so che dobbiamo essere umili di cuore e di pensiero e di mettere questa umiltà in atto un giorno dopo l’altro; ho imparato che la mia Famiglia è quella che mi starà sempre vicino nella buona e nella cattiva sorte, e quindi io li devo amare e rispettare in ogni momento. In più ho capito una cosa molto importante: di non aver paura della morte. Ho capito che siamo degli esseri umani e che non importa quanto noi sappiamo della vita, possiamo sempre commettere degli errori perché non siamo perfetti. Non dobbiamo abbatterci per gli errori che commettiamo, ma dobbiamo essere contenti che Dio ci dà l’opportunità di pentirci e di cominciare di nuovo. Avrei così tante cose per cui vorrei ringraziare che non saprei nè da dove cominciare, nè il modo migliore per farlo. Fortunatamente ho avuto molte persone che mi sono state vicine e mi hanno riempito l’anima aiutandomi a combattere questa battaglia. Innanzitutto vorrei ringraziare Dio per avermi regalato la vita e avermi fatto capire i suoi valori. Poi ringrazio tutta la mia famiglia che mi ha sostenuto in ogni momento e tutti i miei amici che mi hanno aiutato in questa brutta avventura. Un grazie speciale ai professori Massimo F. Martelli e Franco Aversa e a tutti i medici, infermieri e volontari che mi hanno incoraggiato durante tutta la mia malattia. Desidero porgere poi anche un sentito ringraziamento al Residence “Daniele Chianelli” : al signor Franco Chianelli, alla signora Luciana, a Gigliola, a Eleonora e a tutti i volontari che svolgono un lavoro così importante sperando che continuino sempre con lo stesso impegno ed entusiasmo. Vi sarò eternamente grato!!! Questa esperienza sarà indimenticabile per tutte le cose sia negative che positive che ho vissuto e ho voluto condividerla con voi. La vita è una sola, la vita è bella.