“La mia Guarigione” testimonianza di Maria Valentino
Non trovo le parole per esprimere la mia gratitudine a questa città, per quello che Perugia mi ha donato: L’opportunità di guadagnare la speranza di sopravvivere prima, in termini nudi e crudi, e di una vita piena, oggi. Grazie di cuore per questa vita piena oggi, a 10 anni dal trapianto!
Ieri sera parlando con persone nuove del residence dell’associazione, ho usato la parola “veterano”, come quelli che hanno fatto la guerra e sono sopravvissuti; la guerra che dura di una vita, vita, anche perché combattuta con armi e soldati speciali.
10 anni fa pochi avrebbero scommesso su progetto di ricerca di questa squadra di medici; un progetto che, anche a me, medico, poteva sembrare una sfida biologica più che una cauta speculazione…
Io medico, ammalata di leucemia, smarrita tra un’evidenza di conoscenze scientifiche che mi dava qualche probabile via di scampo, ed una nuova evidenza, in fase di definizione e sperimentazione, che mi offriva quel quanto in più. Grazie a cosa e come ho potuto puoi scegliere di affidar loro?
Nel 1998 scelsi di essere la numero 100 della sperimentazione trapianto di cellule staminali non compatibili: io scelsi quello che altrove si chiamava “assurdo biologico”, improponibile. E pure io la considerai l’unica scelta verosimilmente buona per me.
Buona perché, aldilà dei dati di sopravvivenza e percentuali di successo che già saltavano gli occhi, c’era la sensazione di essere in buone mani: quel quanto in più.
Sentirsi in buone mani può molto, non saprei dire quanto perché non c’è misura; sentirsi in buone mani non è una laneria auto consolazione.
È invece fidarsi perché si è guardato bene come lavoravano queste mani: la cura e attenzione che ci mettono. Sono mani che hanno perizia, esperienza, ma anche premura e rispetto per me paziente. Mani che nel momento in cui mi raccolgono, mi stanno tirando fuori dalla tempesta, la tempesta della paura e nella disperazione Il mistero della solitudine impotente che si trova ai margini della vita, senza sapere come e perché ci è finita.
Questi sono i momenti in cui servono le “buone mani”: qualcuno che ci sa stare vicino, e ci aiuta a compiere un viaggio, così la paura può diventare arma di difesa e di attacco contro la malattia. Come qualcuno sa stare vicino a noi? in molti modi: lo fa il teorico ricercatore che non conosce il mio nome, il medico, la mia sentinella sempre in guardia, per cui sono sia il numero 100 sia la collega che fa poche domande, il tecnico di laboratorio che maneggia il mio DNA, e qui magnifici infermieri che, anche con le mani danneggiati dai citostatici non risparmiano le carezze, e l’inserviente che gioca con me e traffica con la frutta sciroppata per darmi una razione in più, e la regione Umbria che paga il telefono per noi malati perché “fa parte delle cure”, e, intorno a noi, e alle nostre famiglie stremate e tramortite, loro, la grande famiglia di Daniele Chianelli che ha saputo fare un’associazione viva e vera, concreta: il vero volontariato che lavora col cuore, libera dall’esibizionismo e dal protagonismo o peggio dall’appetito di potere che sono il pesante tarlo di molti falsi associazionismi.
Ma, dal piè di lista tornando al capo della lista io corro un’omissione che ho volutamente commesso, perché per ultimi, ma in fondo per primi, io voglio ringraziare Dayl Yssner e Massimo Martelli e ringrazio quella buona fortuna (con la F maiuscola) che li ha fatti incontrare, perché così hanno potuto unire le loro forze per giungere a questa nuova fase della ricerca scientifica, grazie alla quale oggi possiamo sperare di guarire molto molto di più.
Maria Valentino